Il cembalo usato nella presente registrazione è una copia, costruita da Riccardo Pergolis, dello strumento originale di Michael Mietke, risalente con molta probabilità al primo decennio del ‘700. Di tale costruttore, attivo a Berlino fino al 1719, data della morte, si sa che fornì almeno uno strumento alla corte di Cöthen, e che fu sicuramente suonato da J.S.Bach. Dei tre strumenti di Mietke tuttora esistenti, due sono ad un manuale, mentre il terzo, da cui è tratta la copia, è a due manuali, con due registri da 8’ e uno da 4’, e unione a cassetto. Era di proprietà, sembra, di Sophie Dorothea, madre di Federico il Grande, e probabilmente utilizzato nei concerti privati ai quali partecipavano C.Ph.E.Bach e J.J.Quantz. Già nella prima metà del ‘700 lo strumento subì delle modifiche nell’ambito e nell’incordatura. Nel momento in cui l'editoria musicale europea puntava decisamente le proprie strategie commerciali sulla forza dirompente dell'idioma strumentale vivaldiano, il giovane Bach adattava al cembalo e all'organo almeno nove concerti del veneziano, ben sei dei quali tratti proprio dall'Estro armonico. Anche se in questo frangente le ragioni della committenza prevalsero (più ancora del consueto) su quelle dell'ispirazione artistica e delle motivazioni personali, Bach non si accostò al compito affidatogli da Johann Ernst con distacco o, peggio, con l'arroganza irrispettosa del correttore, poiché un esame preliminare del suo modus operandi evidenzia piuttosto una costante preoccupazione di rifuggire da una meccanicità indiscriminata, privilegiando l'adozione di soluzioni tecniche ed espressive tutt'altro che univoche od uniformi. In linea generale, occorre tuttavia precisare che pur comprendendo i presupposti artistici, ideologici e persino spettacolari sui quali si fondavano l'originalità e il fascino dello strumentalismo veneziano d'inizio secolo, egli tentò nondimeno di mediarne alcuni degli aspetti più appariscenti con le proprie concezioni estetiche, piegando alla logica stringente di un orizzonte musicale affatto dissimile tutte quelle peculiarità che gli erano fondamentalmente estranee, e che andavano dall'esaltazione del solismo stagliato su uno sfondo subordinato, allo spiccato interesse per i valori puramente sonoriali della composizione. Nel suo approccio al testo vivaldiano, Bach non si limita pertanto alla consueta coloratura di quei passaggi tradizionalmente deputati ad una rielaborazione pensata in funzione della diversa destinazione strumentale, ma spesso sovrappone una linea composta ex-novo ad un tessuto contrappuntistico più rarefatto allo scopo di ottenere nuovi spessori sonori, oppure ricorre all'elisione o all'aggiunta di intere battute con il chiaro intento di ricreare quelle simmetrie formali che più gli erano congeniali.